MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1893

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Antonin Dvorak - Quartetto n. 12 in fa maggiore op. 96 "Americano" - Allegro ma non troppo

Va innanzitutto considerato il fatto che Dvorak non scrisse un'opera su commissione, destinata a qualche specifica formazione quartettistica per l'esecuzione nelle sale da concerto: scrisse invece per l'uso domestico, per il piacere di far musica suonando in privato, fra gli amici della comunità boema di Spillville. Un'opera, dunque, scritta quasi per propria ricreazione; è Dvorak stesso che chiarisce, scrivendo un paio d'anni più tardi all'amico compositore Josef Bohuslav Foerster: «Nel 1893, scrivendo questo quartetto [...], volevo comporre qualcosa d'assolutamente semplice e melodico. Avevo costantemente davanti agli occhi papà Haydn; questo è il motivo per cui m'è riuscito di uno spirito così organico». Ciò non significa, ovviamente, che Dvorak sia ritornato alla tecnica compositiva haydniana: significa piuttosto il recupero dell'antico atteggiamento spirituale, il ritorno a uno stile quartettistico proiettato all'intrattenimento privato e non alla grande sala pubblica; uno stile poco pretenzioso riguardo alle dimensioni e alle esigenze tecniche, forse poco attuale per l'epoca, ma uno stile che recupera il vero spirito del quartet-tismo settecentesco.
V'è però un altro motivo, strettamente biografico, che spiega le felici effusioni melodiche e il caratteristico colorito bucolico del quartetto: è la gioia del ritrovato contatto con la natura. Nominato direttore del National Conservatory of Music di New York, Dvorak aveva dovuto trascorrere otto mesi nella caotica metropoli, conducendo una vita a lui poco congeniale; il 5 giugno 1893, finalmente, partiva con la famiglia per Spillville, un piccolo villaggio d'emigranti cechi nel nord-est dell'Iowa, per trascorrervi le vacanze estive e ritemprarsi al contatto della natura. Entusiasta, il compositore si abbandonava al piacere delle passeggiate e avvertiva nuovi stimoli alla creazione artistica: già due giorni dopo l'arrivo abbozzava il quartetto, che il 23 giugno era terminato.
Lo spiccato carattere folklorico che pervade tutti i movimenti del quartetto non deriva affatto dall'imprestito di specifiche melodie popolari boeme, bensì dall'adozione di una scala particolare, di largo impiego nel patrimonio etnico musicale di numerosi popoli: la scala pentatonica. È su tale scala che si basano i temi di tutti i movimenti del quartetto; ciò crea il senso di una comune appartenenza linguistica, di una parentela fra temi che pure non hanno reciproche relazioni motiviche. Dvorak si riferisce certamente al senso di coerenza che risulta da tale modo di procedere, quando dice d'aver avuto «costantemente davanti agli occhi papà Haydn».

 

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