MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1910

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A.Berg - Quartetto per archi op. 3
Nel maggio 1911, ottenuto finalmente il consenso del padre della fidanzata, Berg sposò Helene Nahowski, che aveva conosciuta quattro anni prima e della quale si era immediatamente innamorato.

Il suo Quartetto, eseguito per la prima volta il 24 aprile 1911, non ebbe successo, come c'era da aspettarsi in quanto l'esecuzione era stata affidata ad un ensemble costituito ad hoc e quindi inadeguato ad affrontare un'opera tanto difficile e innovativa.

Berg mancava di fiducia in se stesso perché aveva cominciato tardi, non aveva alcuna competenza negli aspetti "applicati" della sua arte, cioè l'esecuzione e la direzione, e non aveva ancora avuto occasione di giudicare l'effetto del suo lavoro sulla base dell'esecuzione: rimase quindi in uno stato di completa dipendenza dal giudizio di Schoenberg sulle sue conquiste e i suoi progressi.
A proposito del Quartetto, poco dopo la morte di Berg, Schoenberg scrisse:

Trovai assolutamente sorprendente il suo Quartetto op. 3 per la pienezza e la naturalezza del suo linguaggio musicale, per la forza e la sicurezza della sua scrittura, per la sua elaborazione sapiente e accurata e per la sua caratteristica originalità. A quell'epoca io mi trasferii a Berlino ed egli si trovò lasciato a se stesso: ha ampiamente dimostrato di essere in grado di fare da solo.

E' una tra le primissime opere berghiane nelle quali la personalità del musicista appare già in fase di notevole maturazione.

Diversamente da Schoenberg e da Webern, che nei lavori giovanili rompono decisamente con la tradizione liberando il suono dai vìncoli gerarchici delle scale diatoniche e dai nessi discorsivi, il Berg del Quartetto è ancora vincolato ai modi "narrativi" classico-romantici e non dissolve affatto l'intelaiatura "estensiva," limitandosi a contestarla dall'interno, mediante un acceso cromatismo che fa della variazione il principio atto ad esplorare nuovi spazi non solo melodici e armonici, ma anche timbrici; domina comunque il calore espressivo di stampo romantico, se pure illuminato da riverberazioni "arbitrarie."

Il primo tempo è scritto nella consueta forma di "sonata," il secondo in quella di "rondò."

Da notare come la progressiva liberazione dai centri d'attrazione tonale giunga a determinare, nel secondo movimento, saltuarie formulazioni dodecafoniche.

 

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