Suite lirica
per quartetto d'archi (1925-26) — Pagina
tra le più note di Berg, la Suite lirica
segna il passaggio definitivo del
compositore dal libero atonalismo
all'adozione integrale del metodo
dodecafonico schonberghiano. Peraltro il
nuovo criterio compositivo non viene
esteso all'intera Suite, ma solo al
primo e al sesto movimento, e in maniera
parziale al terzo e al quinto. Il
variare dei modi d'impiego della serie
dei dodici suoni avviene dietro una
spinta inventiva ancora "tematica," che
misura ad esaurire lo spazio cromatico
onde ottenere una tensione espressiva
continua, ma che di questo esaurimento
non fa il solvente atto ad annullare la
figura musicale, più che mai presente
come dato strutturale primario. La
tensione estrema del cromatismo, portato
fino alla ebbrezza del sogno, lascia
intendere quanto viva fosse nel Berg
degli anni '20 la presenza wagneriana,
sia pure esasperata e in certa misura
rovesciata dalla partecipazione accorata
ai più profondi turbamenti esistenziali
dell'uomo del nostro tempo. I sei tempi
sono: "Allegretto," "Andante,"
"Allegro," "Adagio," "Presto," "Largo";
1'"Allegro" incorpora un "Trio"
dodecafonico, mentre il "Presto" ne
incorpora due. Da notare come sia
spontanea l'accettazione del nuovo
metodo compositivo dei dodici suoni,
come esso giunga a coincidere con un
momento preciso dell'autonoma
maturazione stilistica e umana di Berg:
tra sezioni dodecafoniche e sezioni
atonali, infatti, non si registra alcuna
frattura di stile.
Nel 1928 Berg trascrisse tre tempi della
Suite per orchestra: il secondo, il
terzo e il quarto. |