MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1898

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C. Ives  - Sinfonia n.1
Charles E. Ives, singolarissima figura di musicista americano, ignorato dall'ambiente musicale del suo paese per molti anni e solo recentemente rivalutato, attende ancora, specialmente in Europa, un'esauriente sistemazione critica malgrado l'originalità e il valore indiscutibile di alcune sue musiche.

Esponente dell'avanguardia americana, per Ives si deve parlare di pionieristica indipendenza dalle coordinate storiche della musica europea, la quale notoriamente negli ultimi decenni del secolo scorso e nei primi del nostro, cioè negli anni di maggior operosità ivesiana, era votata a edificare le nuove strutture passando per la strada obbligata del cromatismo estremo in funzione di stravolta negativa della tonalità.

Fin dall'inizio l'americano si mostra del tutto indifferente alla storicità del linguaggio tradizionale musicale europeo, e intraprende una via empirica, certo sempre "sperimentale," ma non sperimentale nel senso dell'alambicco, del laboratorio di ricerca formalistica, bensì in quello interessato a disegnare uno spazio sonoro percorso da oggetti che alla musica del passato non si pongono in rapporto di stretta consequenzialità ma neppure di reazione.

Per questo Ives non è "atonale" nel senso storicistico che solitamente si dà a questa attribuzione, e al contempo, pur facendo ampio ricorso a citazioni musicali, ignora la nozione stravinskiana di "musica al quadrato."

Ciò ebe maggiormente colpisce nella musica di Ives, specialmente in campo sinfonico, è il singolare carattere della tematica, che investe la natura del rapporto tra le varie idee melodiche, armoniche, timbriche.

Non si danno, sostanzialmente, poli opposti avviati irresistibilmente verso la più felice sintesi, ma altresì momenti espressivi che si giovano, talvolta, di una violenta interdipendenza sintattica, al punto che l'accostamento di atteggiamenti diversi, ripetuto e variato, ingenera una vivissima irrequietezza strutturale.

Le immagini della musica di Ives sono spesso legate a un dato immediato, a segnali acustici semanticamente definiti (il suono di una banda evoca infatti un ben preciso mondo, i rintocchi di una campana sono i rintocchi di una campana in una chiesa del New England e non una fonte acustica denaturata, ecc.); perciò il fitto gioco dei richiami, delle ricorrenze, delle citazioni avviene in modo che ogni reperto conservi il suo preciso carattere espressivo e comunicativo, e dunque si viene a determinare un avvicinamento oltranzistico all'" esperienza," conservando le microstrutture "tematiche" una precisione esemplare anche quando sono avvolte da un velo timbrico "visionario."

Dunque il lavoro della memoria estrae dalia vita, da immagini salienti, i segnali acustici utili alla creazione artistica: per Ives non si è mai trattato, neanche all'inizio, di costruirsi un codice d'avanguardia nei termini di una soluzione astrattamente formalistica, di puro stile, sostitutiva del vecchio linguaggio, ma di operare baldanzosamente e senza inibizioni con materiali da trasfigurare e da sfaccettare conservandone però la fondamentale semanticità (e non storicità: nel senso ad esempio, che il canto religioso citato a modo di corale non vale affatto in quanto reperto archeologico, vale a dire un frammento di ciò che è stato o potuto essere, da contrapporre a ciò che la musica, cioè l'umanità, è oggi, ma unicamente rappresenta un espediente per rievocare un ambiente determinato) senza peraltro soggiacere ad un banale naturalismo.

I toni celebrativi, vitalistici talvolta, sono forse il limite più vistoso di questo interessantissimo musicista: ma anche qui bisogna guardarsi dall'intendere l'opera di Ives col senno di poi. Nata da una persuasione morale profondamente radicata, essa rispecchia un'esigenza umanistica utilizzando mezzi spregiudicati e sottratti a qualsiasi formalismo conformista, anticipando soluzioni che saranno della musica colta recentissima: l'estremo fallimento delle istanze umanistiche negli Stati Uniti è presentito appena, e dunque il vitalismo ive-siano, del resto contestato da più stranianti connotazioni all'interno dell'opera stessa, assume un significato autenticamente positivo approfondendo i termini della crisi per superarla in una frenesia di trasformazione che esige tensione e dignità nuove; non bisogna infatti dimenticare le parole con cui Arnold Schonberg salutava, nel periodo dell'esilio americano, il musicista di cui si parla: "C'è un grand'uomo che vive in questo paese, un compositore. Ha risolto il problema di preservare se stesso e di imparare. Egli risponde all'indifferenza con il disprezzo. Non si sente costretto ad accettare lode o biasimo. Il suo nome è Ives."

 

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