Mahler
incomincio a lavorare alla Terza Sinfonia
nell'estate del 1895, concludendone la
composizione nell'agosto del 1896 nell'amata
vilieggiatura di Steinbach sull'Attersee; la
sua prima esecuzione integrale fu tuttavia
ritardata fino al 1902, direttore lo stesso
Mahler, a Krefeld, al Festival dell'Allgemeiner
Deutscher Musikverein. E' opera gemella
della Seconda Sinfonia, non solo per i
riferimenti al mondo poetico di Des Knaben
Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo),
comuni anche allo Quarta Sinfonia, ma
soprattutto per le dimensioni gigantesche e
il pathos dei significati extramusicali. Con
la Terza Sinfonia, Mahler intese delineare
una sorta dì cosmogonia. un grande "poema
musicale che abbraccia tutti gli stadi
dell'evoluzione in ascensione progressiva",
procedendo per gradi dalla natura inanimata
alla vita vegetale, a quella degli animali,
all'uomo, e, sempre più in alto, fino agli
angeli e all'amore di Dio. Tra ì vari
"programmi" esplicativi elaborati da Mahler
per la sua Terza, va ricordato quello
dell'autografo, dove il compositore prepose
ai sei movimenti i seguenti sottotitoli: I.
Pan si risveglia - arriva l'estate ("corteo
bacchico"); II. Quel che mi raccontano i
fiori dei prati; III. Quel che mi raccontano
gli animali del bosco; IV. Quel che mi
racconta l'uomo; V. Quel che mi raccontano
gli angeli; VI. Quel che mi racconta
l'amore.
Alla
pubblicazione dell'opera, nel 1899, il
"programma" è tuttavia assente, e titoli e
didascalie extramusicali furono soppressi da
Mahler. Ma il programma interiore, come
sempre, era stato un incentivo
indispensabile alla sua fantasia, come si
legge in una quantità di lettere scritte dal
compositore intorno agli anni 1895-96;
inoltre, Costantin Floros, in un suo studio
recente, ha scoperto una "fonte" della Terza
Sinfonia in un poema misticheggiante dal
titolo Genesis, scritto da un intimo amico
di Mahler, Siegfried Lipiner: il poema
affronta l'origine del mondo, rappresentata
da un sogno con la visione del divenire
primigenio da una nuvola dormiente che
incomincia a parlare e creare. Per quanto
l'opera compiuta pretenda l'autonomia
musicale, le radici su cui è cresciuta con
tanto vigore sono profonde e tenacemente
intrecciate.
Tracce archeologiche dell'antica
forma-sonata sussistono ancora nel primo
movimento, al quale forse spetta il primato
del più lungo movimento di tutta la storia
del genere sinfonico. L'elenco dei temi
comincia con l'entusiastica entrata degli
otto corni all'unisono, quindi con un passo
di marcia funebre, resa stridente dai
sinistri squilli delle trombe; seguono
concitati squarci oratoriali degli ottoni,
non ignari di spaventosi glissandi, degni
della morte del Fafner nibelungico; un
secondo gruppo di temi prende l'avvio da una
specie di corale dei flauti, immerso in una
etereità timbrica orlata dai trilli
impercettibili degli archi con sordina che
fa pensare alla nuvola, nutrice del mondo,
di Genesis; dal cielo si passa alla terra,
con il felicissimo primo piano di oboe e
violino soli, come allacciati in un giro di
danza all'ombra della grande ruota del
Prater. Nello sviluppo, tutto ciò confluisce
nella categoria della "marcia"; l'orchestra
si dilata e si comprime per comprendere
tutto: la musica di caserma, il fumoso salon,
la variopinta parata, il carillon e la
banda. In nessun momento di questa grandiosa
confusione, di cui Charles Ives erediterà il
segreto, la chiarezza analitica della
scrittura orchestrale di Mahler verrà meno;
la distanza delle fonti sonore determina un
nuovo spazio musicale e con suprema maestria
le varie figure progettate entrano in
collisione trascinando l'ascoltatore nella
loro folla, finché un rullo del tamburo
militare darà l'annuncio della ripresa.
Il secondo movimento (Tempo di Menuetto), di
scrittura cameristica e chiara forma
strofica, fin dal 1896 ha conosciuto un
grande favore, tanto da venire spesso
eseguito da solo, distaccato cioè dal corpo
della Sinfonia (c'è anche una lettera di
Strauss dell'aprile 1900, in cui il
compositore, in procinto di dirigere un
concerto a Parigi, esprime a Mahler
l'intenzione di includere "Quel che mi
raccontano i fiori dei prati" nel
programma). Tuttavia, tale fortuna, più che
rallegrare, infastidiva Mahler e il dispetto
provato ricorda quello di Beethoven di
fronte al suo trionfante Settimino op.20:
"Non ho scelta" - scriveva Mahler a un amico
— "se io desidero essere ascoltato, non
posso essere troppo difficile e così questo
modesto piccolo pezzo mi presenterà senza
dubbio al pubblico come il voluttuoso
profumato cantore della natura". D'altra
parte, se il distacco del brano dal quadro
generale disconosce il piano evolutivo
dell'opera, il gusto del foglio d'album e la
sua patina rococò sono lavorati con tale
finezza che il frammento, come un fiore
spuntato dal tronco, aspira ad una vita
autonoma quasi all'insaputa di Mahler.
La prima
sezione dello Scherzo è una rielaborazione
del Lied "Ablósung im Sommer" dal Corno
magico del fanciullo: clarinetto, ottavini,
oboe e flauti, sul pizzicato degli archi,
aprono i dialoghi dell'alata combriccola di
usignoli e cucù, ai quali segue un episodio
fortemente ritmico, da robusta danza dei
contadini; ritornano quindi gli uccelli, ma
le luci tendono a cambiare: Mahler li
presenta dapprima come cose graziose, come
negli orologi a muro nelle illustrazioni di
fiabe; poi accentua una cadenza, gonfia un
particolare, esaspera un ornamento e al
posto dell'uccellino trovi un incubo, un
mostro - gioverà ricordare che il Lied "Ablósung
im Sommer" ("Cambio di guardia estivo") è un
grottesco epicedio per un cucù morto, cui il
gentile usignolo si appresta a dare il
cambio. Per due volte la ronda dei loquaci
volatili è interrotta dalla voce - Wie aus
weiter Ferne ("Come da grande distanza") -
del corno di postiglione. Questo strumento
era già rimpianto negli anni Cinquanta
dell'Ottocento, quando incominciavano a
farsi sentire le prime locomotive, i primi
battelli a vapore sul Reno: nella sua voce
velata, nel suo timbro un po'dandy, Mahler
riscopre un Wanderer ormai perdutosi nella
foresta delle cose vecchie, che da lontano
suona il corno, dicendo ancora una volta
"Ade, Ade, cara Germania romantica e
sognatrice".
La "voce" del
corno di postiglione fa da anello di
congiunzione con la sezione vocale della
Sinfonia, costituita da quarto e quinto
movimento. Il primo brano è un Lied per voce
femminile e orchestra, talvolta considerato
a parte e incluso nella serie dei Lieder
mahleriani: un'idea secondaria del primo
movimento serve da solenne, funebre
introduzione al duplice memento del
contralto: "O Mensch!"; quindi, sopra un
intervallo di quinta di contrabbassi e
violoncelli, Mahler getta il misterioso
scandaglio del "Canto di mezzanotte" da Così
parlò Zaratustra di Nietzsche. Con il più
vivido dei contrasti, il brano successivo,
immediato come un ex voto, si rivolge al
dialogo fra l'uomo penitente (contralto).e
gli angeli (coro di ragazzi e coro
femminile): è una corte celeste rustica,
vista con gli occhi sgranati dell'infanzia,
che sovrappone all'ingenuo piglio di marcia
il ritmo delle campane, rese favolose dalle
sillabe "bimm bamm" delle voci bianche.
L'opera si
conclude, secondo celebri esempi (il più
prossimo dei quali è forse la Nona di
Bruckner), con un Adagio in cui l'ansia di
interiorità si risolve in una devota,
avviluppata e avvinghiente trama
contrappuntistica; proprio all'estuario, la
Terza Sinfonia fa sentire le ascendenze
wagneriane, nel Preludio al terzo atto dei
Maestri cantori e soprattutto nel richiamo
del Parsifal, i cui volitivi salti
ascendenti di quarta strutturano anche
questo Finale.
Secondo le
parole di Mahler, il brano era destinato a
simboleggiare "la sommità e il più alto
livello dal quale si possa vedere il mondo";
un epilogo in cielo dunque, mosso da una
segreta ansia religiosa, tenuta a bada sotto
le vesti severe dell'inno; ma Mahler è
sempre un grande realista e anche a quelle
quote, dove non circolano più angioletti,
cucù o corni di postiglione, le tensioni e
le torsioni dei disegni melodici denunciano
una passionalità che non ha dimenticato le
gioie e i dolori di quaggiù per l'astrazione
trascendente. |