Fin dagli esordi della sua attività
di compositore, Respighi s'inserì in
quel filone di rinnovato interesse per
la musica strumentale, e in particolare
per quella sinfonica, che caratterizzò
la vita musicale italiana a partire dal
secondo Ottocento. I compositori che,
poco più che ventenni, fecero i loro
esordi all'inizio del Novecento, e che
furono poi raggruppati sotto l'etichetta
di «generazione dell'Ottanta» - i nomi
più celebri, oltre a Respighi, sono
quelli di Casella, Malipiero e Pizzetti
-si trovarono a fare i conti con
un'autentica rivoluzione che stava
caratterizzando il linguaggio musicale
europeo, una rivoluzione che stava
prendendo due strade ben definite e
contrapposte: quella impressionista di
Debussy e quella espressionista di
Schonberg. Senza contare la temperie
verista che aveva investito in Italia il
teatro d'opera. L'approdo di Respighi al
poema sinfonico, influenzato
dall'esperienza straussiana, da un lato,
e dallo stile di Debussy dall'altro, è
segnato da una non comune fantasia
coloristica, una fantasia che si giova
di quella "altissima virtuosità di
orchestrato" che lo stesso Casella, pur
non condividendo talune scelte estetiche
di Respighi, gli riconobbe. A ciò si
aggiunge un gusto del tutto particolare
per la minuta raffigurazione
naturalistica, nonché per una sorta di
«impressionismo sentimentale» - la
definizione è di Sergio Martinotti -
entrambi aspetti tipici di
quell'estetica decadentistica che,
soprattutto per opera di Gabriele
D'Annunzio, occupava un posto di
assoluto rilievo nella cultura italiana
del primo Novecento. |