MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1917

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A.Schoenberg - Die Jakobsleiter
Nel coro Friede auf Erden (Pace in terra) composto nel 1907 su parole di Conrad Ferdinand Meyer, s'incontra già una figura che in seguito avrebbe acquistato una certa importanza nelle composizioni di Schoenberg: quella dell'angelo.
È vero che in questo caso (seguendo Luca 2) l'apparizione dell'angelo va interpretata soltanto come fatto marginale, ma potrebbe essere considerata come un'indicazione per lo sviluppo che dieci anni dopo sarebbe culminato nel progetto della Jakobsleiter (La scala di Giacobbe).
Il cambiamento nella weltanschauung di Schoenberg verificatosi durante gli anni che precedettero la prima guerra mondiale diventa chiaro se si osserva la letteratura che egli musicò in quel periodo, o dalla quale si lasciò ispirare: se inizialmente al centro della sua attenzione si era trovato il provocante sostenitore della libera sessualità Richard Dehmel, col tempo Schoenberg fu attirato dal meno drastico Stefan George, e quindi da Rainer Maria Rilke e dalla décadence dei suoi inni estatici.
Appare quindi sorprendente che progettando Die Jakobsleiter egli non si sia rivolto a Rilke o a George con la preghiera di un testo, bensì a Dehmel (13 dicembre 1912): "[...] è da molto tempo che intendo scrivere un oratorio, il cui contenuto dovrebbe essere: come l'uomo di oggi il quale è passato attraverso il materialismo, il socialismo e l'anarchia, mantenendo tuttavia un pochino della sua vecchia fede (sotto forma di superstizione), come quest'uomo moderno litiga con Dio (vedi anche La lotta di Giacobbe di Strindberg) e alla fine finisce per trovare Dio e diventare religioso.
Imparare a pregare! [...] Oltre a ciò non mi abbandonava un pensiero: la preghiera dell'uomo di oggi, e ho spesso pensato che se magari Dehmel..." Ma Dehmel rifiutò facendogli capire che non era capace di scrivere poesie su ordinazione.
Tuttavia dalla lettera di Schoenberg risulta chiaro che il progetto aveva già assunto una forma concreta nella sua mente. Probabilmente fu per questo che non gli riuscì particolarmente difficile scrivere lui stesso il testo.
E' evidente che nonostante il testo sia basato su un passaggio tratto dalla Bibbia (Mosè 1, cap. 28 versi 12-13), il piano supera decisamente i limiti della tradizione ebreo-cristiana: i concetti di reincarnazione e karma trovano il loro posto accanto ad allusioni teosofiche e misticismi swedenborghesi. Questo sincretismo, per il quale l'Ottava sinfonia di Mahler aveva fornito un primo modello, è basato sulla cognizione che nessuna religione, nessuna visione religiosa può pretendere per sé l'intera verità, ma che, ricordando la sua particolarità meschina, essa può soltanto intonare umilmente la preghiera: "Liberaci dalla nostra individualità!"
Questa unità Schoenberg non la intendeva nella stessa maniera in cui l'aveva intesa Beethoven nella sua Nona sinfonia - come fratellanza di esseri umani liberi e ragionevoli - bensì come compimento di un decreto divino.
È l'arcangelo Gabriele che sollecita gli scontenti, i dubbiosi, gli esultanti, gli indifferenti: "Ora a destra, ora a sinistra, avanti o indietro, in su o in giù - bisogna andare avanti senza chiedere che cosa ci possa essere davanti o dietro." Un consacrato, un ribelle, un lottatore; l'eletto, il monaco, il morente; in breve coloro "che credete di esservi avvicinati grazie al vostro operare" si presentano rivendicando i loro privilegi. Essi vengono respinti allo stesso modo in cui vengono respinti i razionalisti, gli scettici o i cinici.
A tutti questi si rivolge il terribile grido di Gabriele: "Preparatevi! Trasformatevi! [...] entrate nelle vostre prigioni e tornate a diventare, a seconda del vostro livello, dei semplici che amano e si rallegrano, che soffrono e sopportano, che calpestano e vengono calpestati, che possiedono e rubano, che si ribellano e tollerano."
Soltanto nella seconda parte (non musicata) della poesia, dopo penose reincarnazioni, Gabriele unisce insieme tutto ciò che era stato disperso. Materia e spirito, disintegrati in "mille frammenti", ritornano purificati per "diventare una unità, le cui parti siamo noi".
Schoenberg ovviamente attribuì al suo testo un valore letterario, altrimenti non sarebbe spiegabile il fatto che lo fece pubblicare nel 1917 nonostante la composizione si trovasse ancora agli inizi. Diversamente dalle parole, che descrivono l'unità come superamento della dispersione, la musica contiene già a priori questa unità nelle sue basi. Schoenberg infatti pensava di derivare tutte le parti dell'opera da un'unica serie di note, l'esacordo do diesis - re - mi - fa - sol - la bemolle.
Attraverso la permutazione e la trasposizione, e tramite la variazione dell'articolazione ritmica egli giunse a una ricchezza di forme musicali che vengono percepite sempre come unità coerente nonostante la loro notevole varietà.

Dopo tre mesi di lavoro intenso nell'elaborazione della particella, Schoenberg era giunto alle parole di Gabriele "Allora sarà spento il tuo io" quando arrivò il 19 settembre 1917 l'ordine di presentarsi sotto le armi. La sua carriera militare fu breve e non particolarmente pericolosa. Ma la forzata cesura del lavoro di composizione ebbe conseguenze imprevedibili.

Dopo il suo rilascio nel dicembre 1917 Schoenberg proseguì il lavoro, ma fino al 1922 scrisse soltanto un altro centinaio di battute.
Nel 1944 incominciò una nuova stesura della particella, che tuttavia fu interrotta alla battuta 44.
Poche settimane prima della sua morte, egli si rivolse in una lettera del 27 giugno 1951 al vecchio allievo Karl Rankl pregandolo di occuparsi della stesura della bella copia della partitura. Ma Rankl declinò.

Più tardi Gertrud Schoenberg riuscì a convincere Winfried Zillig, il quale aveva studiato con Schoenberg tra il 1925 e il 1926, a completare la prima parte della partitura. Ma anche la prima esecuzione di questo torso ebbe luogo in forma di frammenti: le prime 180 battute furono dirette da Hans Rosbaud il 12 gennaio 1958 ad Amburgo, mentre la première dell'intera prima parte fu diretta da Rafael Kubelik il 16 giugno 1961 a Vienna.
Tuttavia, anche come torso Die Jakobsleiter non rimase priva di effetto, e quando il genero di Schoenberg, Luigi Nono, nella sua opera Intolleranza 1960 concepì la simultaneità e sovrapposizione di vari livelli della musica e dell'azione, egli non soltanto si riallacciò alla concezione della Jakobsleiter, ma realizzoe addirittura quello che a Schoenberg non era stato concesso di realizzare.

 

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