MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1905

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G. Mahler  - Sinfonia n. 7 in mi min.

Composta tra il 1903 e il 1905, la Settima Sinfonia fu eseguita la prima volta il 19 settembre 1908 a Praga, sotto la direzione dell'autore.

Anche questa sinfonia nasce (come la Sesta) dalla rivisitazione talora nostalgica, talora ironica, talora allucinata, di tutte le passate esperienze musicali dell'autore e sedimentate nella memoria, che, dilatate fino a diventare grottescamente minacciose, come osservate attraverso una gigantesca lente di ingrandimento (è il caso della marcia funebre nell'introduzione al primo tempo), appaiono diabolicamente deformate (è il caso della danza divenuta ridda notturna di larve infernali nello Scherzo), o distese in una innaturale fissità, come se il soggetto che le contempla avesse l'occhio sbarrato dall'angoscia (come nei notturni del secondo e del quarto movimento).

Il primo movimento è costituito da un'aspra introduzione, dominata da un immane ritmo di marcia funebre, e da un vasto Allegro con fuoco in forma di sonata.
La marcia funebre e resa ancora più spettrale dal colore insolito e straniarne del corno tenore che ne intona la melodia. Il ritmo e la melodia della marcia funebre ritornano poi con diversa strumentazione nel corso dell'Allegro, raggelando la convulsa serie di contrasti tra idee appassionate e idee minacciose. Nello sviluppo compare ancora, come nella Sesta Sinfonia, un episodio dove i campanacci suggeriscono, con l'aria rarefatta dell'alta montagna, l'aspirazione a staccarsi dal mondo.

Il secondo movimento (il primo notturno) sembra rievocare nuovamente un mondo agreste, ma le atmosfere pastorali e i suoni della natura sono spezzati in pontinuazione dall'emergere di altri ricordi più tragici, quali intende significare anche la citazione del primo tema della Sesta Sinfonia.

Il terzo movimento è uno Scherzo, il cui carattere resta individuato dall'indicazione iniziale di Schattenhaft (spettrale). Un ritmo fluente trascina l'ascolto entro un vortice infernale da cui emergono all'improvviso accordi sinistri e guizzi di lividi timbri. Altrettanto allucinato è il Làndler centrale, mentre nella ripresa dello Scherzo il significato demoniaco della danza è ulteriormente sottolineato dalla presenza del violino solista e dal cupo tema dei violoncelli.

Il quarto movimento, il secondo Notturno, si intende come un ennesimo tentativo mahleriano di rifugio nell'intimità: l'orchestrazione si dirada, lasciando cantare teneramente il primo violino, mentre richiami naturali punteggiano un vasto orizzonte sonoro; una zona di grande purezza timbrica campeggia nella parte centrale con l'insolita combinazione di arpa, chitarra e mandolino.

Il Rondò finale contrappone il massimo della luminosità orchestrale alle ombrose morbidezze dei tempi precedenti. Per otto volte una fanfara di carattere bandistico ritorna festosa ed esultante, come a configurare un suo transito lungo un percorso circolare. Tra una ripetizione e l'altra si svolgono episodi di complessa elaborazione, ricchi di contrappunto.

 

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