Il poema
sinfonico per grande orchestra Also sprach
Zarathustra, scritto da Richard Strauss nel
1896, mostra una sorta di duplice
articolazione: la prima è quella di tipo
poetico-letterario, scandita dal succedersi
delle diverse sezioni del testo di Nietzsche
cui la partitura fa esplicito riferimento;
l'altra è un'articolazione di tipo musicale,
creata dal susseguirsi di "episodi"
differenti e di "sviluppi" da essi derivati,
secondo una logica prettamente musicale. Ma
le due articolazioni non coincidono, si
sovrappongono l'una all'altra, e solo
occasionalmente mostrano dei punti di
contatto.
Il brano inizia con l'esposizione del famoso
tema-motto, eseguito dalle trombe che
emergono al di sopra di un fremito quasi
inudibile nel grave affidato a contrabbassi,
organo, grancassa e controfagotto.
L'immagine musicale è quella dell'aurora,
del sorgere della luce dalle tenebre, con i
significati sia letterari che simbolici che
"l'aurora" possiede nel Preludio del testo
di Nietzsche. Ma il tema-motto è esso stesso
carico di simboli: le prime tre note (do -
sol - do) disegnano un puro ascendere, al di
fuori di qualsiasi riferimento, ai
meccanismi di attrazione tonale e alle
caratteristiche espressive del modo maggiore
o minore; mentre le due note successive (mi
- mi bemolle, fatte esplodere da tutta
l'orche-sta), con la loro contrapposizione
istantanea maggiore/minore, luce/buio,
aurora/tramonto, danno al tema un alone di
ambiguità e di incertezza che permane anche
quando la seconda volta il tema viene
riproposto con le ultime due note in ordine
invertito (do - sol - do - mi bemolle - mi).
Al punto inizia la nuova sezione ".Degli
uomini di un mondo ultraterreno", ma dal
punto di vista musicale siamo ancora nel
Preludio introduttivo: ascoltiamo ai fagotti
una sorta di modificazione del tema-motto,
nella quale l'ascesa nell'ambito dell'ottava
non viene percorsa attraverso la quinta
vuota, ma con il normale arpeggio
dell'accordo tonale; e troviamo quindi i
corni che espongono la citazione di un Credo
gregoriano [2.2]. L'ambito religioso non
poteva essere più chiaro, e il primo
episodio della struttura musicale [2.3], che
ha inizio subito dopo, ci propone infatti un
teso e religiosissimo corale, affidato alla
sonorità degli archi e dell'organo. È da
notare, per carità simbolica che comporta,
il fatto che la citazione liturgica Credo è
affidata ai corni prima del corale, e non
all'organo presente nel corale stesso: la
religiosità di questo passaggio non è quella
cattolica bensì quella di Zarathustra.
La nuova
sezione, "Del gran desiderio" coincide con
il primo sviluppo dell'articolazione
musicale: vi ritroviamo infatti
quell'arpeggio ascendente conosciuto
all'inizio, e udiamo trasformarsi in una
serie di veri e propri slanci sempre più
travolgenti; ma vi troviamo anche una
parentesi lenta [3.2] nella quale si
intrecciano la quinta vuota del tema-motto
(do - sol - do), una nuova citazione
liturgica tratta dal Magnificat (e affidata
questa volta all'organo) e il Credo dei
corni che già conosciamo.
Poi
incontriamo la nuova sezione, "Dei piaceri e
delle passioni", che viene a coincidere con
nuovo episodio musicale: si tratta in
effetti ancora degli slanci incontrati in
precedenza, ma qui essi si compongono in una
forma tematicamente riconoscibile e
plasticamente articolata, e sono dunque
trattati musicalmente come un vero e proprio
tema". A [4.2], nel momento culminante
dell'elaborazione di questo epsodio, entrano
marcatissimi i tromboni con una nuova
modificazione plastica del tema principale,
si tratta di una modificazione che avrà nel
seguito una vera e propria vita autonoma e
che è stata definita dai commentatori il
tema dell'ùber druss o del taedium vitae.
"Il canto funebre è realizzato dal punto di
vista musicale come uno sviluppo
dell'episodio: trascorsi i clamori e il
turbine passionale della sezione precedente,
sono ora in primo piano la nostalgia e il
ricordo, come sappiamo proprio dalle parole
di Nietzsche, ma è ancora il tema di a
essere protagonista assoluto dal punto di
vista musicale.
Con la
sezione seguente, "Della scienza", ci
allontaniamo dalla possibilità di ritrovare
parallelismi piuttosto stretti tra
evoluzione musicale e significati letterari,
parallelismi che fino a questo punto ci
avevano accompagnato disegnando un ritmo
quasi narrativo della composizione. Da
questo punto in avanti, invece,
l'elaborazione musicale procederà abbastanza
liberamente per la propria strada, le
sezioni assumeranno dimensioni più ampie, e
i riferimenti incrociati tra suggestioni
letterarie e sviluppi musicali appariranno
meno puntuali e circostanziati.
La "raffigurazione" musicale della scienza è
affidata a questo punto a una grande fuga, e
cioè alla forma più alta del magistero
compositivo della tradizione occidentale. Ma
ci accorgiamo subito che il soggetto di
questa fuga è ancora una volta derivato dal
tema-motto del Superuomo: inizia infatti
proprio con il do-sol-do, riflette poi a
specchio questo inciso, mutandone la
direzione e deformandolo, e procede in
questo modo sino alla fine, arrivando a
disegnare uno straordinario nucleo tematico
che non a torto è stato definito
dodecafonico, dato che tocca tutti e dodici
i suoni della scala cromatica nell'arco
delle quattordici note di cui è formato.
La fuga emerge gradatamente dalle oscure
profondità degli archi più gravi,
riproducendo in tutt'altro contesto
quell'effetto "aurorale" dell'inizio, che è
in ultima analisi un richiamo più o meno
esplicito all'apertura del wagneriano Oro
del Reno.
Ma poi si
espande in uno sviluppo [6.2] che abbandona
il contrappunto serrato per tornare a una
movimentatezza di tipo più vitalistico.
Ancora ritorna il contrappunto [6.3] però
questa volta, anche se non con il rigore e
la densità della fuga, per porre a contrasto
i due temi fondamentali di tutto il lavoro:
il do-sol-do del Superuomo e quel tema del
taedium vitae che avevamo conosciuto a
[4.2].
Ed è proprio
quest'ultimo tema a prendere il sopravvento,
e a divenire protagonista all'inizio della
successiva sezione, "Il convalescente". Dal
punto di vista musicale, però, siamo ancora
nell'ambito dello sviluppo che aveva avuto
inizio a [6.2], e a ricordarcelo è proprio
il soggetto della fuga, eseguito marcato dai
bassi degli archi e dal trombone al di sotto
del tema del taedium vitae.
E sarà
soprattutto il soggetto di fuga a guidare il
grandioso crescendo di tutta l'orchestra,
che sfocerà nel primo grande culmine
espressivo di tutto il poema sinfonico,
segnato dalla giustapposizione netta dei due
temi (taedium vitae e Superuomo) e da una
grande pausa di tutta l'orchestra [7.2].
Inizia proprio a questo punto [7.3] un nuovo
sviluppo, basato soprattutto sul tema di
[4.2], e che ben presto [7.4] si configura
come una lunga pagina di preparazione
all'ingresso della sezione successiva,
"Il canto
della danza". Dal punto di vista musicale il
valzer di questo "Canto della danza",
affidato alle allucinate evoluzioni di un
violino solista, rappresenta l'ultimo
episodio della composizione, e si sviluppa
con un'ampiezza che non ha confronto con la
veloce e serrata articolazione formale
dell'inizio del poema sinfonico. Ma i
collegamenti tematici (e dunque anche
simbolici) con quanto precede non sono certo
interrotti: il tema del valzer emerge da un
tappeto di accompagnamento che altro non è
se non il tema-motto del Superuomo; e le sue
evoluzioni lo portano addirittura a un
momento culminante [8.2] in cui l'orchestra
all'unisono si ritrova a intonare il tema
del taedium vitae, trasfigurato e quasi
irriconoscibile a causa della velocità molto
rallentata e dell'afflato lirico di cui
viene caricato. Inizia quindi [8.3] un
ultimo sviluppo musicale, anch'esso di ampie
dimensioni, nel quale ritroviamo il violino
solista del valzer e il solito tema del
taedium vitae: uno sviluppo che giunge a un
possente momento culminante, quando le
trombe irrompono riproponendo il do-sol-do
del Superuomo.
La sezione
seguente, "Il canto del nottambulo", fa
ancora parte di quest'ultimo sviluppo, e si
conclude con la Coda finale [9.2]
dell'intero poema sinfonico: è lo spegnersi,
il tramonto, la conclusione simmetrica
rispetto all'aurora dell'inizio; ma con in
più l'insanabile sovrapposizione politonale
tra il si maggiore del taedium vitae e il do
maggiore del Superuomo. |